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COMPLESSO DELLE EX CHIESE DI SAN GIULIO

Il complesso delle ex chiese di San Giulio è il monumento che riassume in sé l’intero passato di Cassano Magnago: racconta infatti una storia millenaria, che fa di questo luogo uno dei più antichi insediamenti ritrovati nel circondario.
Nel sito, dove gli scavi archeologici hanno rilevato persino le impronte di una palificazione di età protostorica se non addirittura preistorica, sono riemerse le fondazioni di un primo tempio cristiano, risalente almeno al VI secolo, e resti di una precedente struttura tardo-romana: ciò conforta l’ipotesi secondo cui la chiesa sarebbe stata costruita già alla fine del IV secolo per iniziativa di san Giulio, sacerdote greco che contribuì all’evangelizzazione dell’Europa centro-orientale per passare quindi in Italia, arrivando nel Milanese e infine nel Cusio. Quella cassanese sarebbe perciò una delle circa cento chiese edificate, secondo la tradizione, dal prete missionario, sepolto nella basilica da lui stesso fatta erigere sull’isola, che da san Giulio prende il nome, del lago d’Orta.


Il santo operava nel contesto dell’editto con il quale Teodosio, nel 380, aveva reso il cristianesimo religione ufficiale dell’Impero: proprio dal sovrano il sacerdote nativo di Egina sarebbe stato dotato di un salvacondotto che lo autorizzava a demolire altari pagani per innalzare chiese. L’insediamento tardo-romano precedente la prima chiesa di Cassano Magnago potrebbe dunque essere identificato con un luogo di culto pre-cristiano. L’antichità dell’edificio è del resto testimoniata anche dalla sua collocazione lungo il tracciato della strada romana Comum-Novaria, fondamentale arteria che, ancora nel Medioevo, collegava il bacino del fiume Olona a quello del Ticino.
Risale al 1289 il primo documento nel quale compare il nome dell’ex chiesa: si tratta del Liber notitiae sanctorum Mediolani, attribuito al canonico Goffredo da Bussero, che elenca gli edifici sacri presenti nel territorio ambrosiano. Oltre a San Giulio, vi sono citati altri tre templi cassanesi: Santa Maria, San Maurizio e San Martino.
Sulle rovine della prima chiesa ne fu costruita, fra XVI e XVII secolo, una seconda più ampia: a navata unica, aveva un soffitto a capriate scoperte e contava, oltre al battistero, due altari laterali, dedicati rispettivamente alla Madonna del Rosario e a san Giovanni Battista, cui si sarebbe aggiunto nel 1673 quello di sant’Antonio di Padova. Sul lato nord si elevava il campanile.


La parrocchiale è ben descritta negli atti delle visite pastorali compiute da san Carlo Borromeo nel 1570 e da suo cugino, il cardinale Federico, nel 1622. I documenti relativi a quest’ultima, in particolare, contengono una puntuale illustrazione degli affreschi, parzialmente conservati: quello giunto fino a oggi nelle migliori condizioni è il pregevole dipinto della Decollazione del Battista, sulla parete occidentale della sacrestia, che sostituì, sul lato sud della chiesa, la cappella di San Giovanni Battista, per questo spostata a destra dell’altar maggiore.
Sulle pareti del presbiterio erano raffigurati a nord l’Ultima Cena, in parte ancora visibile, a est scene della Passione, del tutto perdute a causa dell’arretramento della parete di fondo, e a sud episodi della vita di san Giulio, di cui poco è rimasto. Particolarmente ricorrente all’interno della chiesa, completamente affrescata, era la rappresentazione delle sibille e dei profeti, figure che si possono tuttora ammirare sulla volta sopra l’altar maggiore e nelle lunette della sacrestia, mentre sono scomparsi gli stessi soggetti ritratti sull’arco della cappella della Madonna del Rosario, che si distingueva inoltre per la ricchezza degli stucchi. Dipinti erano pure il battistero e la cappella di san Giovanni Battista, così come la facciata, totalmente decorata da immagini di santi, fra cui il titolare della parrocchia.
Alla fine del Settecento, anche questo edificio non bastava più ad accogliere una popolazione in costante crescita, ma il sogno di un nuovo tempio sarebbe diventato realtà solo nel 1846, quando fu inaugurata l’attuale chiesa, in parte finanziata dal fondo della cosiddetta “Elemosina della Corona”, un beneficio che comportava la distribuzione di un pane di mistura agli abitanti della parrocchia e le cui origini affondano nella leggenda secondo la quale Teodolinda, regina dei Longobardi a cavallo tra il VI e il VII secolo, avrebbe visitato Cassano, donando la sua corona ai poveri.
Nel 1853, per pagare le spese di costruzione della parrocchiale odierna, il più che millenario luogo di culto fu venduto al Comune, che lo trasformò in municipio, abbattendo la parete nord per allargare via San Giulio e dividendo lo stabile in due piani per renderlo più funzionale al nuovo uso civile. Trasferita poi la sede comunale in via Volta all’inizio del Novecento, l’edificio fu destinato ad altri scopi, divenendo anche Casa del Fascio.


È proprio in questo continuo riutilizzo che consiste il carattere singolare dell’ex chiesa: un insediamento trasformato in continuazione nel corso del tempo, per essere adattato di volta in volta alle esigenze della popolazione.

Bibliografia:
Girardi Andrea, Sammartini Pietro, San Giulio in Cassano Magnago. Una storia che continua, Parrocchia San Giulio, Cassano Magnago, 1996.
Girardi Andrea, Girardi Luca, Sammartini Pietro, Campane, campanile, chiesa: …riscoperta delle origini. Una storia che continua, Parrocchia San Giulio, Cassano Magnago, 2012.
Girardi Luca, Pessotto Mirko, Sala Giorgio, Dedicata al patrono san Giulio, catalogo della mostra, Cassano Magnago, 6-13 ottobre 2019, Parrocchia San Giulio, Cassano Magnago, 2019.

 

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